Quel che il Signore esige da noi (cfr. Michea 6, 6-8)

SETTIMANA DI PREGHIERA

PER

L’UNITÀ DEI CRISTIANI

18-25 gennaio

TESTO BIBLICO

“Quale offerta porteremo al Signore, al Dio Altissimo, quando andremo ad adorarlo? Gli offriremo in sacrificio vitelli, di un anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio? Gli daremo in sacrificio i nostri figli, i nostri primogeniti per ricevere il perdono deinostri peccati?

In realtà il Signore ha insegnato agli uomini quel che è bene, quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio.”

(Michea 6, 6-8)

Quel che il Signore esige da noi

(cfr. Michea 6, 6-8)

Quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci invita a riflettere sull’importantissimo e ben noto testo del profeta Michea.

Il libro del profeta Michea esorta il popolo a camminare in pellegrinaggio: “Saliamo sulla montagna del Signore, ed Egli ci insegnerà quel che dobbiamo fare e noi impareremo come comportarci” (4, 2). Di grande rilievo, dunque, è la sua chiamata: “camminare in questo pellegrinaggio, a condividere nella giustizia e nella pace, ove troviamo la vera salvezza”.

È verità indiscutibile che la giustizia e la pace – ricorda il profeta Michea -, costituiscono una forte e salda alleanza fra Dio e l’umanità, attraverso cui si crea una società costruita sulla dignità, sull’uguaglianza, sulla fraternità e sul reciproco “svuotamento” (kenosis) delle passioni.

È poi incontestabile che la vera fede in Dio è inseparabile dalla santità personale, come anche dalla ricerca della giustizia sociale.

Al tempo della predicazione del profeta Michea il popolo di Dio doveva affrontare l’oppressione e l’ingiustizia di coloro che intendevano negare la dignità e i diritti dei poveri. Lo sfruttamento dei poveri era – ed è – un fatto reale: “Voi divorate il mio popolo. Lo spellate, gli rompete le ossa”, dice il profeta (3, 3).

In modo simile, oggi, il sistema delle caste, con il razzismo e il nazionalismo, pone severe sfide alla pace dei popoli, e in tanti paesi; altre caste, con diversi nomi, negano l’importanza del dialogo e della conversazione, la libertà nel parlare e nell’ascoltare. A motivo di questo sistema delle caste, i Dalits, nella cultura indiana, “sono socialmente emarginati, politicamente sotto-rappresentati, sfruttati economicamente e soggiogati culturalmente”.

Noi, come seguaci del “Dio della vita e della pace”, del “Sole della giustizia”, secondo l’Innologia dell’Oriente Ortodosso, dobbiamo camminare nel sentiero della giustizia, della misericordia e dell’umiltà, realtà e tema di eccellente significato e di attualità che saranno sviluppati con dinamismo dalla X Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, in programma nel 2013 a Busan, nella Corea del Sud.

“Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace” è il tema dell’Assemblea, e risuonerà come un forte appello a tutti i popoli a camminare insieme, comunitariamente, nel sentiero della giustizia che conduce alla vita e alla salvezza.

Dunque, la nostra salvezza dalla schiavitù e dall’umiliazione quotidiana più che semplicemente con riti solo formali, sacrifici e offerte (Mic 6, 7), richiede da noi il “praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio”

Con chiarezza il profeta Michea mette in evidenza, da una parte, il rigetto dei rituali e dei sacrifici impoveriti dalla mancanza del senso della misericordia, dell’umiltà e della giustizia, e dall’altra dimostra l’aspettativa di Dio che la giustizia debba essere al cuore della nostra religione e dei nostri riti. È la volontà di Dio, il suo desiderio di procedere nel sentiero della giustizia e della pace, facendo quel che Dio esige da noi.

Giovanni Paolo II ha affermato che “qualsiasi espressione di pregiudizio, basata sulle caste, in relazione ai cristiani, è una contro-testimonianza dell’autentica solidarietà umana, una minaccia alla genuina spiritualità e un serio ostacolo alla missione di evangelizzazione della Chiesa”. Mentre il Papa Benedetto XVI proclama così: “Anche se nel mondo il male sembra sempre prevalere sul bene”, a vincere alla fine è “l’amore e non l’odio”, perché “più forte è il Signore, il nostro vero re e sacerdote Cristo, e nonostante tutte le cose che ci fanno dubitare sull’esito positivo della storia, vince Cristo e vince il bene”, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I ha dichiarato con fermezza: “Promuoviamo l’universalità della carità al posto dell’odio e dell’ipocrisia, promuoviamo l’universalità della comunione e della collaborazione al posto dell’antagonismo”. In modo simile si sono pronunciati anche gli altri Capi delle diverse chiese e confessioni cristiane.

La celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un vero e forte segno di amore e di speranza, di aiuto spirituale e morale, e l’unità dei cristiani sarà un dono dello Spirito Santo.

Camminare umilmente con Dio significa anzitutto camminare nella radicalità della Fede, come il nostro padre Abramo, camminare in solidarietà con coloro che lottano per la giustizia e la pace, e condividere la sofferenza di tutti, attraverso l’attenzione, la cura e il sostegno verso i bisognosi, i poveri e gli emarginati. Infatti, camminare con Dio significa camminare oltre le barriere, oltre l’odio, il razzismo e il nazionalismo che dividono e danneggiano i membri della Chiesa di Cristo.

San Paolo afferma: “Con il battesimo, infatti siete stati uniti a Cristo e siete stati rivestiti di Lui come di un abito nuovo. Non ha più alcuna importanza l’essere Ebreo o pagano, schiavo o libero, uomo o donna, perché uniti a Gesù Cristo, tutti voi siete diventati un solo uomo” (Gal 3, 28).

Ogni uomo è “icona di Dio”, secondo la dottrina dei Santi Padri Greci della Cappadocia, e, conseguentemente, incontrandolo nella strada, incontriamo Cristo, e, servendolo, serviamo lui, che “infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).

Amore e giustizia si incontrano e conducono alla salvezza, hanno la stessa origine e conducono alla vita eterna.

Il monaco Efrem di Siro, grande asceta dell’Oriente Ortodosso ed eccellente scrittore di preghiere mistiche, sottolinea: “Se amerai la pace trapasserai il grande mare della vita con serenità. Se amerai la giustizia troverai la vita eterna”, prospettiva che ci fa comprendere che la pace e l’unità sono piene solo se si fondano nella giustizia: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 6).

 

Chiesa Cattolica

Mansueto Bianchi

Vescovo di Pistoia

Presidente, Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo della CEI

 

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia

Pastore Massimo Aquilante

Presidente

 

Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta

ed Esarcato per l’Europa Meridionale

Metropolita Gennadios

Arcivescovo Ortodosso d’Italia e di Malta

ed Esarca per l’Europa Meridionale

 

DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA

PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

 

Cercare l’unità: un impegno per tutto l’anno

La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nell’emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (come suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.

Incoraggiamo i fedeli a trovare opportunità in tutto l’arco dell’anno per esprimere il grado di comunione già raggiunto tra le chiese e per pregare insieme per il raggiungimento della piena unità che è il volere di Cristo stesso.

 

Invocazione

Dove la mente è senza paura e si cammina a testa alta,

dove la conoscenza è libera,

dove il mondo non è stato ridotto in frammenti

da strette mura domestiche,

dove le parole scaturiscono dal profondo della verità,

dove instancabile lotta tende le braccia verso la perfezione,

dove il chiaro flusso della ragione non si è perso

nell’arida sabbia del deserto delle abitudini senza vita,

dove la mente viene condotta da te

verso orizzonti sempre più ampi di pensiero e di azione,

verso quel cielo di libertà,

Padre mio, che il mio Paese si risvegli!

(Rabindranath Tagore)

 

 

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