Auguri a Padre Agostino Caletti
La comunità dei SS. Giorgio e Caterina, sabato 28 gennaio alle ore 17:00 nella Chiesa di S. Nicola a Scutari-Albania, accompagna nella gioiosa preghiera Padre Agostino Caletti che prende i suoi voti definitivi, dopo un lungo cammino come sacerdote e formatore nella Compagnia di Gesù. La celebrazione è presieduta dal Padre Provinciale, Carlo Casalone SJ(Gesuiti).
Così Padre Agostino si racconta:
Sono nato il 20 novembre 1966 a Cagliari, in una famiglia composta, oltre che dai miei genitori, da due sorelle più piccole, e ivi sono vissuto sino all’entrata in Compagnia, a 28 anni. Oggi, rispetto alla mia vita passata, comprendo di essere stato costantemente accompagnato da uno stato di inquietudine interiore, che mi spingeva alla continua ricerca del mio posto nella vita. Nell’estate dei 16 anni partecipai, su invito di un’amica, a un campo-scuola per ragazzi, un’esperienza nuova, dal momento che fino ad allora le mie relazioni sociali erano limitate al mondo della scuola e non avevo mai avvertito una particolare esigenza di approfondire la fede. Mi era infatti sufficiente la partecipazione alla messa domenicale e un rapporto con Dio, fatto soprattutto di preghiere tradizionali e di adempimenti normativi. Fu così che, da quella esperienza, iniziai a conoscere il mondo dei gesuiti e le Comunità di vita cristiana, nelle quali ho militato per 11 anni, prendendo parte inizialmente a un gruppo, al quale devo soprattutto la maturazione della fede, la scoperta di un Signore ben diverso da quello che avevo sempre conosciuto e la nascita di significativi e profondi legami di amicizia. Col tempo divenni poi animatore di un gruppo di adolescenti e offrii una collaborazione alle iniziative della casa di esercizi spirituali Pozzo di Sichar, che consideravo sempre di più la mia seconda casa.
Furono anni di grande coinvolgimento, nei quali, come direbbe S. Ignazio, mi sentivo molto attratto e vivo nelle cose spirituali e al tempo stesso provavo un’insoddisfazione soprattutto riguardo agli studi universitari: frequentavo, infatti, la facoltà di giurisprudenza, che avevo scelto più per consiglio altrui che per convinzione personale e che sentivo lontana dai miei interessi e dalla mia sensibilità. Decisi comunque di terminarla, sempre nella costante attenzione a individuare una possibile strada per conciliare gli studi ormai fatti con il desiderio di un lavoro che mi avvicinasse alle realtà sociali più disagiate. Anche in campo affettivo, accanto alla forte spinta a formare una famiglia, avvertivo in fondo il desiderio di esprimere una vita di dedizione agli altri più radicale.
Questi interrogativi e questi desideri hanno accompagnato il mio cammino, soprattutto a partire dall’estate di 19 anni, quando, durante un’esperienza estiva al Centro Astalli a Roma, conobbi due novizi gesuiti e per la prima volta presi contatto con la possibilità concreta che nella vita, accanto alla prospettiva matrimoniale, poteva esserci anche qualcosa di differente. In particolare mi chiesi come mai, io che non avevo certo sofferto di privazioni, mi sentivo così insoddisfatto, mentre loro, che avevano rinunciato a tutto, erano così sereni. Aprii dunque un anno di discernimento col mio padre spirituale; l’estate successiva incontrai anche Padre Tata, maestro dei novizi, ma poi non sentii maturo il tempo di una scelta, era troppo inquinata dalle insoddisfazioni che provavo e temevo si potesse trasformare in una fuga. Ma il Signore ha continuato a lavorare negli anni successivi e l’inquietudine, di cui accennavo all’inizio, è stata un importante motore di ricerca di ciò che il Signore voleva da me e mi spingeva ad andare sempre più in profondità nel mio vissuto, accompagnato da una preghiera insistente. Così a 28 anni, quando ormai sentivo di aver raggiunto un equilibrio buono e di aver superato le tensioni circa il futuro (studiavo per la magistratura; ero orientato a formare una famiglia; continuavo le mie attività con i gesuiti), il Signore si fece sentire in modo inaspettato e chiaro attraverso le parole del profeta Isaia (43, 1-4), che ebbi modo di leggere durante una veglia di preghiera. Da quel momento fu per me evidente la chiamata a seguirlo, ma la risposta non fu facile: si trattava infatti di rimettere in gioco quell’equilibrio faticosamente raggiunto, per una strada che al tempo stesso avvertivo più attraente di qualsiasi altra. E più cercavo di resistere, ponendo mille ragioni a sfavore, più in realtà mi sentivo coinvolto.
Sono entrato in noviziato nel dicembre del 1994; ho poi studiato la filosofia a Padova; sono ritornato a Genova per il magistero, all’istituto Arecco; ho vissuto il triennio teologico a Napoli, a San Luigi e ora mi trovo a Roma, a San Saba, per un iter particolare di licenza, che unisce il corso per formatori nei seminari (CIFS) alla spiritualità. In questi primi 9 anni di formazione ho approfondito la consistenza della chiamata del Signore e soprattutto nelle esperienze e nella vita quotidiana, vissute e verificate alla luce della preghiera, è cresciuto e maturato il desiderio di spendere la mia vita alla sua sequela. Sono grato a quanti mi hanno accompagnato nel cammino, soprattutto perché mi hanno permesso di andare oltre le piccole mete che ero in grado di vedere e aiutato a mettermi in gioco in modo più coraggioso e libero, diventando non solo più consapevole dei miei reali limiti, ma ancor più di qualità e potenzialità finora non espresse o non conosciute. Senza dubbio, una delle più rilevanti novità che ho sperimentato è la scoperta delle realtà di sofferenza ed emarginazione, che conoscevo solo attraverso i giornali o le testimonianze di altri, ma che non avevo mai avvicinato in modo significativo. Il servizio al Cottolengo, l’assistenza a gesuiti anziani e/o malati, la collaborazione con l’associazione San Marcellino e con la comunità Emmanuel, i campi di solidarietà in Romania, tanto per citare qualche esempio, hanno accresciuto una sensibilità per gli ultimi, dai quali ho imparato molto in termini di condivisione e modi di affrontare le difficoltà della vita, ritrovando anche il forte desiderio di impegnarmi per la giustizia. Ma pure l’avventura al collegio Arecco è stata importante per scoprire il mondo della scuola e dell’educazione e misurarmi con il servizio dell’insegnamento, poco gratificante in prima battuta e palestra di creatività per la rielaborazione di contenuti e linguaggi accessibili ai giovani. Per altro verso, tale esperienza, segnata dal processo di chiusura dell’Istituto, mi ha dato modo di sperimentare e successivamente accogliere contraddizioni e difficoltà che sono realisticamente presenti anche nella nostra vita di gesuiti. Dopo l’importante tempo di studio e di sintesi di vita, nel triennio teologico a Napoli, mi sento oggi grato al Signore per la sua fedeltà, a fronte delle mie infedeltà; per il dono di questa vocazione e della possibilità di condividere la sua vicinanza e la sua cura per l’uomo. Il desiderio del sacerdozio ha acquistato negli anni una consistenza più profonda e riconoscibile, soprattutto grazie alle persone che ho incontrato, con le quali ho condiviso pezzi di vita, ho collaborato, gioito e sofferto.
Per questo, consapevole che è prima di tutto un suo dono più che un mio progetto, mi affido a lui con le parole del Salmo 139:
“Il Signore completerà per me l’opera sua. Signore, la tua bontà dura per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani”.
Certi che il Signore non abbandonerà mai l’opera che Lui stesso ha creato, l’intera comunità dei SS. Giorgio e Caterina porge a te padre Agostino e a tutta la tua famiglia i più sentiti auguri per una lunga e generosa fedeltà al Signore Gesù Cristo affinchè tu possa portare copiosi frutti di santità, nella tua vita e in quella di chi sta accanto.