Auguri a don Mauro Maria Morfino, nuovo Vescovo della Diocesi di Alghero-Bosa.

CITTA’ DEL VATICANO,  lunedì, 31 gennaio 2011,  Papa Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Alghero-Bosa don Mauro Maria Morfino, S.D.B., finora docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

Saluto alla Comunità di Alghero Bosa

morfinoA voi fratelli e sorelle che siete la Chiesa di Alghero-Bosa e a tutti coloro che sono dal Padre amati e che vivono sotto il cielo dell’Algherese, del Marghine, del Bosano, della Planargia e del Montiferru: la pace, la gioia e la pazienza del Cristo! “Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo. Quel Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunziando l’Evangelo del Figlio suo, mi è testimone che io mi ricordo sempre di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che per volontà di Dio mi si apra una strada per venire fino a voi. Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi ed io” (Rm 1,8-12).

Sì, vengo come fratello per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la condivisione del dono grande della fede che il Padre ci ha offerto nel Battesimo, radice di quel sacerdozio comune che tutti rende sacerdoti, re e profeti e che ci abilita ad amare con lo stesso cuore di Dio.

E vengo a voi come vescovo, inviato dal vescovo di Roma, il Papa Benedetto, che presiede nell’amore ai vincoli fraterni tra ogni Chiesa locale e la Sede dell’Apostolo Pietro. Attraverso lui, – lo credo fermamente ed è mia certa speranza – mi manda a voi “il Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), “il Vescovo delle nostre anime” (cf 1Pt 2,25), Colui che “ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni

iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, instancabile nelle opere buone” (Tito 2,14). Non posso, non voglio, non devo venire nel mio nome. Vengo solo nel Nome del Signore, con la luce intramontabile che è Lui Parola, la corroborante vitalità che è Lui Eucaristia, la sanante incondizionatezza di Lui Perdono.

Scrivendo al Papa Benedetto per dirgli il mio “eccomi” per il servizio episcopale nella Chiesa di Alghero-Bosa, ho dato la disponibilità della mia vita e della mia persona, unicamente per la sempre più nitida consapevolezza che la trama dei miei giorni è tutta intessuta da una sovrabbondanza di segni tangibili della benevolenza, della cura, della tenerezza del Padre. In questi segni posti nel mio cammino, il Signore, Colui che è il Vivente non si è mai stancato di ripetermi: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni. Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo, io sono con te, io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati. Io ho inciso il tuo volto sulle palme delle mie mani” (Is 43.49). Questa “voce di silenzio sottile” – che è diventata tanto eloquente sul monte Horeb per il disilluso profeta Elia, sì da rilanciarlo negli angusti solchi di una storia tormentata – mi ha evangelizzato e mi evangelizza, mi ha sanato e mi risana senza sosta, e oggi fiorisce come rinnovata risposta al divino e all’umano, rendendomi più comprensibile l’imperativo caro alla grande tradizione dei Padri Apostolici: Porta tutti, come il Signore porta te! (Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo I,1-3,2). Posso osare di portarVi solo in quanto portato dall’Amore senza condizione che è la Divina famiglia, la Trinità Santa.

Il nostro Dio, il Misericordioso si è preso cura di me fino ad ora donandomi, oltre una sana e serena famiglia umana, una grande e feconda Famiglia, quella Salesiana, con tanti fratelli e sorelle da amare e giovani da consegnare alla straordinaria e impegnativa avventura della vita. Ho avuto il dono di svolgere un ministero che ho molto amato e che ha riempito questi quasi ultimi venti anni: l’insegnamento della parola di Dio nella apprezzata, autorevole e affidabile Facoltà di Teologia della Sardegna e nel ministero degli Esercizi spirituali e del discernimento nella nostra Terra di Sardegna e in altre Chiese d’Italia. Anni impegnativi e fruttuosi sono stati quelli trascorsi come Padre spirituale nel Seminario Regionale Sardo, realtà ecclesiale che mi sta a cuore, come a cuore sta a tutte le Chiese dell’Isola. In tutto ciò ho realmente sperimentato la gioia del centuplo promesso dal Signore ai suoi amici!

A tutta questa sovrabbondanza di doni, vi chiedo di non aggiungere regali. Ho la giusta mercede dell’operaio evangelico. Il superfluo appesantisce il cuore. Il regalo più grande siete tutti voi, ciascuno di voi: regalo inaspettato e prezioso che mi è stato fatto dal Santo Padre. Regalo impagabile sono i vostri volti e le vostre vite. Il vostro desiderio di bene, di vero, di bello, i vostri affetti, le vostre aspettative, come anche le vostre paure, disillusioni, stanchezze, ferite, i fallimenti, i tradimenti e le ingiustizie patite.

Regalo fattomi è la ricerca di senso, appassionata e sofferta, di voi giovani e la combattuta progettualità di vita che si fa strada nel vostro cuore; la serenità pensosa di voi anziani e la vostra fragilità dolente; l’angoscia strisciante di voi malati e la tenacia nel vivere ogni accenno di ripresa; la freschezza cristallina di voi famiglie che intonate le vostre prime e gioiose battute e i suoni gravi di voi famiglie che provate il morso della discordia o patite lacerazione; la serena stabilità di voi che gustate il frutto del vostro lavoro e l’incertezza desolata di voi che vivete la precarietà lavorativa o a cui è venuto meno il bene insostituibile che è il lavoro. Regalo che mi fa brillare gli occhi e palpitare il cuore siete voi Religiose e Religiosi e voi che vivete una forma di speciale consacrazione per il Regno: le gioie e le speranze, i turbamenti e le incertezze che vivete le ho vissute e le vivo nel mio cuore e nella mia carne. Siete e siate in crescendo, un segno bello per la nostra Chiesa: per la testimonianza del primato di Dio che offrite, per la fraternità accogliente che donate spalancando le porte delle vostre comunità, per le provocazioni evangeliche che ancora sapete lanciare.

Nessuno della famiglia diocesana si sentirà sminuito se indico i miei fratelli presbiteri e diaconi quale regalo preziosissimo: senza di loro non potrei essere vescovo. Ho i vostri volti negli occhi e nel cuore. Frequentandovi in questi anni, mi ha edificato la passione apostolica e la generosità nel mettere a servizio della Chiesa le diversificate competenze acquisite e messe a disposizione del popolo di Dio.

Questa vostra testimonianza mi ha spronato a svolgere al meglio il mio servizio ecclesiale ogni qualvolta vi ho potuto incontrare. Con i presbiteri e diaconi di questi ultimi venti anni c’è stata una frequentazione assidua e affettuosa, sia in Facoltà che al Seminario Regionale. So del profondo desiderio di coerenza che vi anima e la creatività nel cercare di dire l’Evangelo oggi in modo eloquente. Il vostro ministero presbiterale e diaconale – vale a dire le vostre vite date per amore del Signore Gesù e dei fratelli – sono il segno tangibile dalla presenza attiva ed efficace dello Spirito.

Sono l’esponente della profetica possibilità che, nei solchi della storia e nel grembo della Chiesa, ci sono persone che vanno oltre il calcolo, che scelgono oltre il tornaconto, che sperperano con amore e per amore la loro vita. Parsone credenti che non solo vivono ma si attivano per dar vita alla vita, impegnandosi a costruire una “terra nuova”, già qui e già ora, oltre ad attendere quei “cieli nuovi” promessi dal sempre Veniente. Il regalo che siete per la nostra Chiesa e per me, si rilancia e giganteggia, declinandosi come rinnovata responsabilità nella testimonianza della vita e nell’annuncio del Vangelo. Io con voi e voi con me. Tutto ciò significa ripensare evangelicamente i nostri stili di vita, lo spessore veritativo delle nostre relazioni all’interno del presbiterio e con la nostra gente, le modalità apostoliche. Ben sappiamo per esperienza, che una umanità priva di autorevolezza, incoerente, imbavaglia il Vangelo, lo ammanta di insignificanza e lo espone al ridicolo e al rifiuto. Umanizzare la nostra umanità di servi del Vangelo è l’inizio e l’apice di ogni autentica spiritualità. Insieme, nel nome del Signore, il dono permane e cresce.

Insieme, in una rinnovata fraternità ri-educata dalla Pagina santa e dalla ricomposta verità del singolo e della comunità presbiterale, continuiamo a testimoniare quella Buona notizia che corre, nelle nostre terre, fin dal terzo secolo.

Ma regalo dei regali, è l’accoglienza di chi è estraneo, per qualsiasi motivo: “Non dimenticate l’amore per chi è estraneo, alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Eb 13,2). Permanendo nella memoria di Colui che ha vestito l’assoluta estraneità da sé, Gesù, Dio vestito di carne, possiamo accogliere ogni estraneità e differenza e ci è dato di incontrare “angeli”. È il rischio che possiamo permetterci di correre come credenti nel Signore Gesù: imparando da Lui a vivere senza omologare, ci è concesso di intravedere che ogni relazione può assurgere a rivelazione.

Propongo a me e alla Sposa, di fare e di farci doni cristianamente significativi per festeggiare questo passaggio gioioso e salvifico del Signore, il sempre Veniente, nelle nostre vite. Il suo Spirito, senza sosta, invera in noi la sua parola: “Come io vi ho amato, così donatevi amore gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Gv 13,34). Perché gratuitamente già amati, possiamo amare. Perciò, lì dove corre la nostra ferialità, con i volti “soliti”, nelle situazioni talvolta infiacchite e ripetitive che il quotidiano quasi forzatamente impone, individuiamo un volto, una relazione, un frangente che può essere accolto, guarito, vissuto solo dalla creatività sanante di questa Parola. Lo Spirito del Vivente ci dona di desiderare i desideri di Dio e di amare come Lui ama. Incondizionatamente. Questo amore diventa creativo ed eloquente attraverso gesti concreti di solidarietà. Anche nel nord-ovest della nostra Isola, la disoccupazione miete le sue vittime, gli esuberi – così ‘neutramente’ vengono indicate le persone che si vedono scippare il futuro – sono troppi per non sentirci toccati tutti, in prima persona. Ognuno ha chiara conoscenza di situazioni di dolore e di ingiustizia. Chiesa di Alghero-Bosa non chiudiamo gli occhi! Chiedo a me, ai presbiteri, ai diaconi, alle comunità cristiane, alle Famiglie di Consacrate e Consacrati, ai Movimenti, ai singoli credenti in Cristo, di non girare lo sguardo dall’altra parte, di prenderci cura di queste realtà dolenti e di porre gesti anche piccoli ma coraggiosi e concreti di solidarietà fraterna (cf Mt 25,31-46).

Dico il mio grazie di amico e di fratello all’Amministratore diocesano Don Pasqualino Ricciu: è nota la sua saggezza, il suo equilibrio, la larghezza del suo cuore. È stato prezioso collaboratore dei miei Predecessori e son certo che non mi farà mancare la sua presenza serena e per me, oggi, indispensabile. Ai vescovi Giacomo e Antonio mi rivolgo con affetto di particolare dilezione: la loro amicizia, la fiducia concessami e la condivisione fraterna di molte iniziative formative ed ecclesiali affidatemi e, soprattutto, le tante fatiche apostoliche affrontate a beneficio della nostra Chiesa, li rendono, a me particolarmente, cari!

Con commozione di figlio, il mio grazie corre verso l’alto, per coloro che credo nel cuore dell’Amore che è Dio: il vescovo Giovanni Pes e il vescovo Francesco Spanedda. Mons. Pes è stato amico premuroso e, nei miei riguardi, strumento di grazia e padre nella trasmissione sacramentale del diaconato e del presbiterato. Per me, per l’intera Diocesi, il suo nome resta in benedizione. Con Mons. Spanedda ho avuto una conoscenza e frequentazione nei suoi ultimi anni di vita quando mi chiese di essere il suo confessore. L’acutezza della sua mente e la limpidezza del suo cuore che si ar-rendeva al Padre, mi ha molto edificato. Saluto e tendo la mano a tutte le Autorità civili, politiche, militari: riconosco nella vostra diuturna fatica un insostituibile contributo per tutti e per ciascuno. La coscienza del vostro lavoro svolto e da svolgere sempre più come servizio, ci edifichi tutti.

Saluto voi fratelli e sorelle che nella diversità dei carismi e dei ministeri, siete oggi membra vive del Corpo vivo di Cristo che è la comunità dei credenti. A tutti voi, personalmente e caramente, dico che sento la forza della vostra intercessione e del vostro affetto. Voi non sapevate chi sarebbe stato il vostro vescovo ma il flusso santificante della preghiera non ha limiti né barriere di alcun tipo, e fluisce, fluisce sanando e rafforzando, vivificando e raggiungendo lì dove, solo lo Spirito può avere via libera: il cuore.

Come don Bosco vi dico “Chiamatemi sempre padre e io sarò felice!” (MB 17,175).

Attendo di abbracciarvi tutti ad Alghero, sede della cattedra episcopale affidatami dalla Santa Madre Chiesa, nella celebrazione eucaristica durante la quale riceverò il sacramento dell’ordine che mi consegnerà a voi come vescovo. Vi invito a stare tutti nella gioia, perché in Gesù di Nazaret, Maestro e Signore, ci ha raggiunto il Perdono che “allontana da noi le nostre colpe quanto dista l’oriente dall’occidente” (Sl 103,12), l’Accoglienza “che non ripudia mai per sempre” (Lam 3,31), l’eterno Vivente che a noi ancora sussurra: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi” (Mt 28,20). La Vergine Madre, da noi invocata come Signora di Valverde e di Corte e Madonna della Neve, ci renda tutti attenti e obbedienti al Figlio e per sua intercessione invoco su tutti e ciascuno la benedizione dell’Amore, dell’Amato, dell’Amante, che è Padre, Figlio e Spirito Santo

Mauro Maria Morfino sdb

Vescovo eletto di Alghero-Bosa

 

La nostra esultanza è grande!

La Comunità dei SS. Giorgio e Caterina esprime a don Mauro Maria Morfino le più vive felicitazioni per la elevazione a sì alta dignità ecclesiastica.  A lui formuliamo gli auspici sinceri per lavorare  gioiosamente nella vigna feconda del Signore

Auguri!

 

I commenti sono chiusi.