Via Crucis: da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Riflessioni di don Tonino Bello

Via Crucis  alle 19.00       

 

…da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio

 vc

Riflessioni di don Tonino Bello

 

 

G. Gesù Cristo prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita che da noi non può venire. Ciò che noi avevamo meritato per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. E allora non ci darà ora quanto meritiamo per giustizia, lui che è l'artefice della giustificazione? Come non darà il premio ai santi, lui, fedeltà personificata, che senza colpa sopportò la pena dei cattivi? Confessiamo, perciò, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con gioia; non con rossore, ma con fierezza. L'apostolo Paolo lo comprese bene e lo fece valere come titolo di gloria.: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14).

S. Agostino

 

P. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

T. Amen.

 

L. Cristo patì per voi lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme…Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce perché non vivendo più per il peccato vivessimo per la giustizia (1Pt 2,21.24).

 

P. Chiusa in un dolore atroce, eri là sotto la croce, dolce Madre di Gesù.

T. Santa Madre, deh, voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.

 

Prima stazione

L'ultima cena

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio» (Lc 22,14-16).

 

G. Tutto di lì parte.

Se non ci fosse l’altare, se non ci fosse il Signore che si rende presente sulle nostre mense eucaristiche, non avrebbe significato nessuna nostra sofferenza. La croce è lo sviluppo dell'ultima cena, è il fiore che germina sulla mensa dell’Eucaristia.

È così anche per noi. L’Eucaristia deve essere al centro dei nostri sospiri, delle nostre attese e della nostra gioia.

 

L. Molti cristiani vivono senza Eucaristia.

Altri fanno l'Eucaristia, ma non fanno la Chiesa. Altri celebrano l'Eucaristia nella Chiesa, ma non vivono la coerenza dell'Eucaristia.

L'Eucaristia rimane, cioè, una sorta di sacramento incompiuto.

Rimane incompiuto quando manca la "sequela eucaristica".

E che significa sequela eucaristica?:

lasciarsi afferrare dall'onda di Gesù Cristo e seguirla;

avere la coscienza che noi siamo Corpo di Cristo crocifisso alla storia;

avere la coscienza che siamo Corpo di Cristo crocifiggente;

avere la coscienza che noi siamo il Corpo festivo di Cristo;

avere la coscienza che la sequela è fatta di ascolto, di preghiera, di sacrificio.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Il tuo cuore desolato fu in quell'ora trapassato dallo strazio più crudel.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Seconda stazione

Gesù nel Getsemani

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra (Lc 22,39-42).

G. Nell'orto degli ulivi Gesù si mette a pregare. I suoi, anche i più fidi, lo hanno lasciato ad una ventina di passi. Si sono addormentati. Gesù veglia pensando al grande mistero che sta per compiersi. Egli vive quei momenti con tale intensità che suda sangue. Momenti atroci. Momenti di dolore fisico, non solo morale.

Il dolore fisico più grande procurato a Gesù è quello della solitudine: Egli si vede abbandonato ed è per questo che noi vogliamo fargli compagnia. Vogliamo dirgli: "Signore, guarda, siamo con te. E se ci viene il sonno dacci uno scossone perché vogliamo vigilare e pregare con te per il bene dell'umanità".

 

L. Spesse volte nelle nostre liturgie si ha la percezione nettissima che l'unico a mancare è Gesù Cristo. Rubricismo, tanto. Ritualismo, a non finire. Moralismo, a volte insopportabile. Fede, zero. Incontro con Lui, opaco. Abbandono all'onda della sua grazia, quasi zero.

Lo si nota dall'aria svagata, nel piglio distratto, nel fare annoiato di tanta gente che partecipa alla messa domenicale. Sta lì per obbligo, non per amore. [...]

Non c'è abbandono nei suoi gesti, non c'è estasi; non c'è innamoramento, non c'è invenzione. Non c'è sufficiente deserto per poter affermare che il Signore ha attirato lì la sua sposa, come ai tempi della sua giovinezza, per poter parlare al suo cuore.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Quanto triste, quanto affranta ti sentivi, o Madre santa, del divino Salvator.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Terza stazione

Gesù davanti al sinedrio

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:«Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio» (Lc 22,66-69).

G. È reo di morte. Non può rimanere in vita Lui, il benefattore dell'umanità, Colui che ha creato i cieli e la terra per la gloria… anche dell'uomo. Perché ha messo cielo e terra sotto i piedi dell'uomo.

Lui che ha spasimato tanto per avere una briciola, un brandello della nostra amicizia, adesso viene ripagato in tal modo: è reo di morte. Povero Signore! Che sprofondamento di tristezza!

Il Signore ci venga incontro quando ci sentiamo vilipesi, abbandonati. Quando ci sentiamo oggetto del sorriso degli altri.

Allora chiediamo al Signore che ci stia vicino, ci dia coraggio.

 

L. A voi che, cammin facendo, avete visto sfiorire a uno a uno gli ideali accarezzati in gioventù. A voi che avreste meritato ben altro, ma non avete avuto fortuna e siete rimasti al palo. A voi che non avete trovato mai spazio e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti. A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, o uno svincolo delicato dell'esistenza, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell'esistenza [...]

A tutti voi voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!

La riuscita di un'esistenza non si calcola con i parametri del fixing di borsa. E i successi che contano non si misurano con l'applausometro delle platee o con gli indici di gradimento delle folle.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Con che spasimo piangevi, mentre trepida vedevi il tuo Figlio nel dolor.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Quarta stazione

Gesù davanti a Pilato

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?» (Gv 18,37-38)

G. Gesù compare davanti all'autorità romana. Pilato cerca un confronto per la ricerca della verità. Perché Pilato era ansioso della verità.

Era timido, era un vigliacco però voleva salvare Gesù. Ma non ce la faceva perché si vedeva incalzare dalla rabbia dei giudei e dei farisei. Allora si erge davanti a Gesù Cristo come un potente, ma esce dalla scena come uno sconfitto, battuto davvero dalla verità.

Signore Gesù, aiutaci perché possiamo saperci confrontare con gli altri. E se le nostre sofferenze qualche volta possono valere come argomento, come prova per convincere gli altri, te le offriamo volentieri e le mescoliamo insieme con le tue. Saranno efficaci per la crescita del regno di Dio.

 

L. Che cosa è la parresia? È il parlar chiaro, senza paura e senza tentennare di fronte alle minacce del potere, quando bisogna rendere testimonianza alla verità. [...]

Con tanta franchezza. Senza peli sulla lingua, cioè. Senza sfumare le finali per paura di quieto vivere. Senza mettere la sordina alla forza prorompente della verità. Senza decurtare la Parola per non recar dispiacere a qualcuno. Senza ambiguità dettate da prudenze carnali. Senza le furbizie escogitate dalla preoccupazione di salvare la pelle. Senza gli stratagemmi del defilarsi nei momenti della prova, per timore di compromettersi troppo.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Se ti fossi stato acconto, forse che non avrei pianto, o Madonna anch'io con te.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Quinta stazione

Gesù flagellato e incoronato di spine

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi (Gv 19,1-3).

 

G. Questa scena difficilmente potrà togliersi dagli occhi di ciascuno di noi.

Ce la portiamo incorporata fin da quando abbiamo cominciato a capire qualcosa, ancora bambini, e in chiesa ci raccontavano la storia del Signore che patisce e che muore per noi, a causa dei nostri peccati.

In questo momento vorrei che tutti quanti voi prendeste un fiato di speranza.

Il Signore Gesù è incoronato perché Lui è il Re. "Il mio regno però non è di questo mondo": è un tipo di regalità tutta diversa, quella vissuta da Gesù. Per il Signore Gesù regnare è servire. Anche per noi dovrebbe essere così.

E quella incoronazione di spine, anche se sa di beffa, per noi sa di preludio: preludio di gloria, preludio di felicità.

 

L. Ma comprendiamo bene che cosa significa che Gesù Cristo è Re e Signore?

Significa affermare la regalità e la signoria dell'uomo.

Significa andare contro corrente in un mondo che ogni tanto si popola di nuove divinità e obbliga a prostituirsi davanti ad esse.

Significa impegnarsi perché la paura, la solitudine, la disoccupazione, l'odio, la tortura, la strage, l'emarginazione dei deboli, la squalifica degli umili riducano sempre più nel mondo lo spazio della loro presenza deleteria.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Dopo averti contemplata col tuo Figlio addolorata quanta pena sento in cor.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Sesta stazione

Il peso della croce

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,17-18).

G. Ho visto in una chiesa un crocifisso che mi ha colpito. La croce era rappresentata da un torchio. Uno di quei torchi che c'erano un tempo nelle nostre aziende olearie e vinarie. Poi, sotto la pressura del torchio, Gesù: schizzando fuori come schizza l'olio, come schizza il vino nei palmenti, ecco venir fuori il sangue del Signore. Quasi una piena, per dire che il Signore vuole salvare il mondo senza lasciare neppure una crosta della terra lontana da Lui, dalla Sua salvezza.

Non siamo felici, noi, di poter unire il nostro sangue, la nostra sofferenza a quella di Gesù?

Coraggio!

 

L. Dire che col vostro dolore contribuite alla salvezza del mondo, può sembrarvi letteratura consolatoria. [...] Accennarvi che, in fondo, ognuno si porta dentro il suo carico di dolori e che, tutto sommato, non siete poi così soli come sembra, potrebbe accrescere il vostro sdegno. Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell'eloquenza mistificatoria che non convince nessuno.

Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c'è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può né accorciare né mettere tra parentesi.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Santa Vergine, hai contato tutti i colpi del peccato nelle piaghe di Gesù

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Settima stazione

Il Cireneo

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce (Mt 15,21).

G. L'episodio lo conosciamo tutti quanti. C'è soltanto un po' d'incertezza.

Dai Vangeli non traspare bene se il Cireneo è un passante che, mosso a compassione per le fatiche e per il sangue che gocciolava sulla strada, abbia lasciato i suoi strumenti di lavoro e abbia aiutato a portare la croce, oppure, non si sa bene se abbia scaricato completamente Gesù da questo gravame e se lo sia preso lui.

Non si capisce bene se sia stato costretto dai soldati a compiere questo gesto di aiuto.

Comunque vadano le cose, comunque le cose siano andate, a noi resta senz'altro questa dolce prospettiva: noi non siamo costretti, non vogliamo sentirci costretti ad aiutare Gesù a portare la croce. Vogliamo andare noi, di spontanea volontà, sotto la croce.

Andare sotto la croce, prenderla sulle nostre spalle insieme con lui e camminare sicuri verso la gloria.

 

L. Sì, a partire da quei giorni, la mia diocesi si chiama Giuseppe, Angela, don Vito… e io ho attenuato i miei ardori da grandi manovre, avendo capito che la storia della salvezza, più che sui carteggi delle scrivanie si disegna sui pianerottoli dei condomini, più che le panoramiche d'insieme sfiora i volti delle persone, più che per rettilinei globali procede per piccoli segmenti.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Santa Vergine, hai contato tutti i colpi del peccato nelle piaghe di Gesù.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Ottava stazione

Le donne di Gerusalemme

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli… Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco (Lc 23,27.31)

G. A dire il vero le donne, durante la passione, furono straordinarie protagoniste di bontà e di tenerezza e, anche in questa stazione, noi contempliamo proprio questo gruppo di donne che si è assiepato ad ogni curva della strada e, coprendosi il volto con un mantello, piangono di compassione per la sorte toccata a Gesù.

Sono loro che amano e che vogliono bene, che si sono intenerite e piangono di compassione per la sorte toccata a Gesù, e Questi dice loro: "Donne, non piangete su di me, ma su voi e sui vostri figli".

Piangete sui vostri figli. Vuole essere un avvertimento per noi. Perché tutti quanti si sappia offrire, specialmente da parte di noi ammalati, le sofferenze, i sacrifici, le preghiere per i giovani in modo particolare, perché possano vivere in un mondo migliore.

 

L. Se voi riuscirete a liberarvi dalla rassegnazione, se riporrete maggiore fiducia nella solidarietà, se la romperete con lo stile pernicioso della delega, se non vi venderete la dignità per un piatto di lenticchie, se sarete così tenaci da esercitare un controllo costante su coloro che vi amministrano, se provocherete i credenti in Cristo a passare armi e bagagli dalla vostra parte, non tarderemo a vedere i segni gaudiosi della risurrezione.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. E vedesti il tuo Figliolo così afflitto, così solo, dare l'ultimo respir.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Nona stazione

Spogliazione e crocifissione

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra (Mc 15,24-27).

 

G. "Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece un gran buio su tutta la terra". Ci viene da chiedere all'evangelista: "E poi, dopo?". Dopo Gesù emise lo Spirito.

La crocifissione non è una operazione a lunga conservazione. La crocifissione durerà soltanto poche ore. Al di là di quelle tre ore Dio non la permette più né a Suo Figlio, né ai suoi figli. Ecco perché dobbiamo avere davanti a noi la luce, la gioia, la speranza.

Sappiamo già che un giorno veramente le nostre piaghe si convertiranno in stigmate di risurrezione e le nostre vesti, le nostre gramaglie saranno trasformate in vesti di gioia e i lamenti si cambieranno in danza.

È una vicenda che ha sperimentato Lui.

Niente paura, dunque.

 

L. Carnalità della grazia. Salvezza che ci raggiunge solo attraverso interstizi di grembi. Sollecitudini trinitarie che possono farci trasalire unicamente mediante sorrisi umani e inflessioni di parole e curvature di carezze. Circuiti celesti d'amore che toccano i nostri corpi terreni solo per via di lampeggiamenti di occhi, di fragranze di sudori, di brividi sulla pelle, di lacrime sul viso. Sentieri fioriti dell'eterno che, per incrociare l'uomo, si fanno viottole terrene e passano dai nostri pozzi, e si affacciano nelle nostre valli, e si inerpicano sui nostri colli, e sfiorano le nostre case.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Dolce Madre dell'amore, fa' che il grande tuo dolore io lo senta pure in me.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Decima stazione

Il buon ladrone

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,39-43).

 

G. Fortunato lui!

Non tanto per quell'epilogo, per quella conclusione improvvisa che lo vede trasferito subito dal regno delle tenebre al regno della luce. No!

Beato lui per quella vicinanza con Gesù: lì accanto a Lui, quasi sullo stesso supplizio. Lui fortunatissimo: proprio nei momenti supremi della sua vita va a finire accanto al Signore.

Carissimi fratelli, noi siamo più vicini del ladrone al Signore. Noi non siamo inchiodati su di una croce parallela alla Sua: siamo inchiodati sul retro della stessa croce. Al buon ladrone è bastato dire: "Gesù, ricordati di me". Anche a noi basterà sollevare la voce e dire: "Gesù, non ti dimenticare di me, sto qui dietro, sai? Ti sto facendo compagnia".

 

L. Se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti (non sconfitti) il mondo si scompenserebbe. È come se venisse a mancare l'ossigeno nell'aria, il sangue nelle vene, il sonno nella notte.

La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo. Nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell'universo verso il traguardo del Regno. In questo, Gesù è il nostro capo. [...] Lui confitto su un versante della croce e noi confitti, non sconfitti, sull'altro versante della croce, sul retro.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Fa' che il tuo materno affetto pel tuo Figlio benedetto mi commuova e infiammi il cuor.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Undicesima stazione

Maria e Giovanni sotto la croce

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19,25-27).

 

G. È la consegna della madre alla turba dei figli che Gesù lasciava orfani della sua fraternità, della sua paternità.

Egli non vuole lasciarci orfani della maternità di Maria. E alloraconsegna Maria a Giovanni e questi a Lei. Poi il Vangelo dice: "E da quel momento Giovanni la introdusse in casa sua". La introdusse nei suoi interessi, nelle sue cose.

Che dolcezza pensare a tutto questo, pensare alla vicinanza di Maria accanto al nostro letto, accanto alla nostra sedia a rotelle, accanto al luogo della nostra sofferenza, accanto al luogo del nostro martirio.

Lei ci è vicina, ci è stata data da Gesù come strenna pasquale, come dono della risurrezione.

Madre dolcissima, vieni a casa mia!

 

L. No, non fu neutrale. Basta leggere il Magnificat per rendersi conto che Maria si è schierata. Ha preso posizione, cioè. Dalla parte dei poveri, naturalmente. Degli umiliati e offesi di tutti i tempi. Dei discriminati dalla cattiveria umana e degli esclusi dalla forza del destino. [...]

Si è messa dalla parte dei vinti. Ha deciso di giocare con la squadra che perde.

Si è arruolata, per così dire, nell'esercito dei poveri. Ma senza roteare le armi contro i ricchi. Bensì invitandoli alla diserzione.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Le ferite che il peccato sul suo corpo ha provocato siano impresse, o Madre, in me.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Dodicesima stazione

Gesù muore in croce

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò (Gv 19,28-30)

G. Potrebbe sembrare il fallimento, il fiasco supremo di Gesù. "Ha bucato", si dice oggi.

Non ce l'ha fatta! Un illuso!

Lo si percepisce dallo sghignazzo dei soldati. Ma anche, ad un lettore superficiale della storia di Gesù, potrebbe sembrare che Egli abbia concluso la sua vita con questo solenne fallimento.

E invece, no! La morte e la vita hanno combattuto un prodigioso duello. Il re della vita, morto, regna ora immortale.

Gesù muore in croce: la morte è retaggio di tutti gli uomini. Neppure lui si è voluto sottrarre a questa peripezia suprema della vita. Perciò ce lo sentiamo solidale il Signore Gesù.

Ci ha preceduto, ha aperto Lui il tunnel che ci introduce nella gloria.

 

L. Da quando l'Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sulla collezione dei fischi che si rimediano, o dei naufragi in cui annegano i sogni.

Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla croce, (nella simbologia dell'impotenza), che con le mani stese sui malati (nell'atto del prodigio), vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno che se n'è volata via senza mai realizzarsi a dare ai ruderi della vostra vita, come per certe statue mutile dell'antichità, il pregio della riuscita.

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Del Figliuolo tuo trafitto per scontare il mio delitto condivido ogni dolor.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Tredicesima stazione

Il corpo di Gesù avvolto nella Sindone

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto (Lc 23,50-53).

 

G. È il gesto dell'ultima tenerezza umana nei confronti del Maestro che ha usato in vita tante attenzioni per i suoi discepoli, per coloro che gli hanno voluto bene e soprattutto per i suoi nemici.

Adesso c'è questo gesto di pietà da parte delle donne, di Giuseppe che prende il corpo di Gesù, lo avvolge in un candido lenzuolo e lo depone in una tomba nuova nel suo giardino, di Nicodemo che va a portare misture di aloe e di profumi.

Questo avvolgere Gesù nei candidi lini: quanto amore in tale gesto! Chissà come saranno stati attenti a non maltrattare il corpo di Gesù! Chissà quante lacrime avranno versato sulle sue membra e sul corpo che tra qualche giorno splenderà nella luce sfolgorante della risurrezione!

 

L. Amate la bellezza! Coltivate la vostra bellezza! Curate la vostra persona; curate la dolcezza del vostro sguardo e perfino la stretta di mano abbia uno spessore di tenerezza.

È la bellezza che salverà il mondo. [...] Scegliete per la vita! Amate le cose pulite, belle: la poesia, il sogno, la fantasia. Benedite il Signore che vi dà questa possibilità di viaggiare senza biglietto, gratuitamente, lungo i meridiani e i paralleli non soltanto del globo, ma dell'esistenza.

Amate la poesia, amate la bellezza!

 

T. Gloria al Padre…

 

P. Di dolore quale abisso, presso, o Madre, al Crocifisso voglio piangere con te.

T. Santa Madre, deh, voi fate…

 

Quattordicesima stazione

La risurrezione

 

P. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.

T. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

P. «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». Ed esse si ricordarono delle sue parole. E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri (Lc 24,5-9).

 

G. Se Gesù non fosse risorto sarebbe vana la nostra fede. Se Gesù fosse rimasto nelle tenebre del sepolcro, il cristianesimo non avrebbe più significato.

È la risurrezione il punto centrale, nodale di tutta la nostra vita cristiana, di tutta la nostra vita redenta. È difficile accettare la risurrezione.

Ci sono tanti galantuomini che di Gesù hanno accettato tutto: la legge, l'impegno morale… Ma la risurrezione no.

Gaetano Salvemini, scrive: "Io mi sono fermato, per quanto riguarda il cristianesimo, al venerdì santo. Non sono andato oltre. Mi sono fermato al Calvario. Ho accettato il grande messaggio umano di Gesù, ma non sono andato oltre. La risurrezione, no. Al sepolcro non sono riuscito ad arrivarci".

Eppure sono venti metri appena. Un percorso brevissimo. Però è il più lungo per chi deve fare un itinerario di fede.

Chiediamo al Signore che possiamo veramente abbandonarci a Lui e, soprattutto, possiamo inebriarci dei raggi della luce della risurrezione.

 

L. Pasqua è la festa dei macigni rotolati. È la festa del terremoto.

La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.

Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima, che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuna col suo sigillo di morte.

Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi. E se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la risurrezione di Cristo.

T. Signore Gesù,

insegnaci a portare la croce ogni giorno

e a seguirti con volontà generosa

di riparare i nostri peccati e quelli dell'umanità.

Tu che ci hai salvato,

rendici salvatori dei nostri fratelli:

come tu hai dato la vita per noi,

così fa' che doniamo la vita per gli altri.

Rendici gioiosi testimoni della tua risurrezione,

e mantieni viva in noi la speranza della gioia

che hai promesso ai tuoi fedeli.

Amen.

 

P. Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.

T. Amen.

 

P. Benediciamo il Signore.

T. Rendiamo grazie a Dio.

 

 

 

 

 

 
 

Commenti

  1. Mi ha colpito profondamente la riflessione di don Tonino bello sulla croce di Gesù, affermando che noi siamo inchiodati sul retro a tenergli compagnia e a me personalmente che  sto vivendo una dolorosa prova, ha alleggerito un po' il peso che che mi sento addosso.