Letture Bibliche e Commento per ogni giorno della “Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani”
I GIORNO PROCLAMAZIONE
[…] perciò doveva attraversare la Samaria
(Giovanni 4, 4)
Genesi 24, 10-33 Abramo e Rebecca al pozzo
Salmo 42 [41], 1-11 La cerva che cerca il corso d’acqua
2 Corinzi 8, 1-7 La generosità delle chiese di Macedonia
Giovanni 4, 1-4 […] perciò doveva attraversare la Samaria
Commento
Gesù e i suoi discepoli viaggiarono dalla Giudea alla Galilea. La Samaria si trova fra queste due regioni. Albergava un certo pregiudizio contro la Samaria e i Samaritani. La cattiva reputazione della Samaria derivava dalla sua mescolanza di razze e religioni. Non di rado si preferiva usare strade alternative per evitare di entrare nel territorio samaritano.
Che cosa intende, dunque, il vangelo di Giovanni, quando dice: “perciò doveva attraversare la Samaria”? Più che una questione geografica, è una precisa scelta di Gesù: “attraversare la Samaria” significa che è necessario incontrare l’altro, chi è diverso, chi è spesso visto come una minaccia.
Il conflitto fra i Giudei e i Samaritani era antico. Gli antenati dei Samaritani si erano separati dalla Monarchia del Sud che richiedeva la centralizzazione del culto a Gerusalemme (cfr. 1 Re 12). Successivamente, quando gli Assiri invasero la Samaria deportando molta della popolazione autoctona, essi fecero insediare nel territorio un certo numero di popoli stranieri, ciascuno con i propri idoli e le proprie divinità (cfr. 2 Re 17, 24-34). Per i Giudei, i Samaritani divennero un popolo “misto e impuro”. Più tardi, nel vangelo di Giovanni, i Giudei, volendo screditare Gesù, lo accusano dicendo: “Non abbiamo forse ragione di dire che sei un infedele, un Samaritano, e che sei pazzo?” (Gv 8, 48).
I Samaritani, a loro volta, avevano difficoltà ad accettare i Giudei (cfr. Giovanni 4, 8). La ferita del passato divenne ancora più profonda quando, intorno al 128 a.C., il capo Giudeo Giovanni Ircano distrusse il tempio costruito dai Samaritani quale loro luogo di culto sul Monte Garizim. Almeno in un’occasione, riportata dal vangelo di Luca, Gesù non venne accolto in una delle città della Samaria semplicemente perché si stava recando in Giudea (cfr. Luca 9, 52). La resistenza al dialogo, dunque, proveniva da entrambe la parti.
Giovanni evidenzia che “attraversare la Samaria” è una scelta di Gesù; egli è diretto “oltre” la sua gente. Agendo in questo modo egli ci mostra che isolarci dagli altri che sono diversi da noi e relazionarci solo con persone come noi significa auto-infliggersi un impoverimento. È il dialogo con coloro che sono differenti da noi che ci fa crescere.
Domande per la riflessione personale
1. Che cosa significa per me e per la mia comunità di fede “dover attraversare la Samaria”?
2. Quali passi ha compiuto la mia chiesa per incontrare le altre chiese e che cosa le chiese hanno imparato le une dalle altre?
Preghiera
Dio di tutti i popoli,
insegnaci ad attraversare la Samaria per incontrare i nostri fratelli
e le nostre sorelle di altre chiese!
Fa’ che possiamo attraversarla con cuore aperto
per poter imparare da ogni chiesa e da ogni cultura!
Confessiamo che Tu sei la nostra fonte di unità,
donaci l’unità che Cristo vuole per noi.
Amen!
II GIORNO DENUNCIA I
Gesù era stanco di camminare e si fermò, seduto sul pozzo
(Giovanni 4, 6)
Genesi 29, 1-14
Giacobbe e Rachele al pozzo
Salmo 137 [136], 1-9
[…] come cantare i canti del Signore in terra straniera?
1 Corinzi 1, 10-18
[…] uno di voi dice: “Io sono di Paolo”; un altro: “Io di Apollo”
Giovanni 4, 5-6
Gesù era stanco di camminare
Commento
Gesù era stato in Giudea prima del suo incontro con la donna samaritana. I Farisei avevano cominciato a spargere la voce che Gesù aveva battezzato più discepoli di Giovanni. Forse queste voci avevano causato qualche tensione e malcontento, forse questo è il motivo per cui Gesù decise di lasciare la Giudea.
Giunto al pozzo, Gesù decise di fermarsi. Era stanco del viaggio, forse anche a motivo delle voci che circolavano. Mentre si stava riposando, giunse al pozzo una donna samaritana per attingere l’acqua. Questo incontro ha luogo al pozzo di Giacobbe: un luogo fortemente simbolico per la vita e la spiritualità del popolo della Bibbia.
Ha inizio un dialogo fra la donna samaritana e Gesù riguardo il luogo del culto; la donna samaritana chiede se debba essere su quel monte o a Gerusalemme, Gesù risponde: “Viene il momento in cui l’adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene un’ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio” (Gv 4, 21-23).
Accade ancora oggi che, invece che la ricerca comune dell’unità, siano la competizione e le dispute a contrassegnare le relazioni fra le chiese. Questa è stata l’esperienza del Brasile negli ultimi anni. Le comunità fanno mostra delle proprie virtù e dei benefici che ricevono i propri fedeli dall’appartenenza a tali comunità al fine di attrarre nuovi membri. Alcuni pensano che più la chiesa è grande, più è folto il numero dei suoi aderenti, maggiore è il potere, più essi sono vicini a Dio e si presentano come i veri e unici fedeli.
Tale atteggiamento ha causato violenza e mancanza di rispetto verso le altre religioni e tradizioni. Questo tipo di marketing competitivo mina sia la fiducia fra le chiese, sia la credibilità di tutta la cristianità di fronte alla società. Via via che la competizione aumenta, l’“altra” comunità diventa il nemico.
Chi sono i veri cristiani? I veri cristiani sono quelli che non permettono che la logica della competizione – chi sia il migliore, chi sia il peggiore – infetti la fede. Abbiamo bisogno di “pozzi” ove sostare, riposarci e allontanare la disputa, la competizione e la violenza, di luoghi ove possiamo imparare che i veri fedeli adorano “in spirito e verità”.
Domande per la riflessione personale
1. Quali sono i principali motivi della competizione fra le chiese?
2. Siamo in grado di identificare “pozzi” comuni ove possiamo sostare e cessare le nostre competizioni?
Preghiera
O Dio ricco di grazia,
spesso le nostre chiese sono portate a scegliere la logica della competizione.
Perdona il nostro peccato di presunzione,
siamo stanchi di questo bisogno di essere i primi.
Fa’ che possiamo sostare presso il pozzo.
Ravvivaci con l’acqua dell’unità che scaturisce dalla nostra comune preghiera.
Fa’ che il tuo Spirito che aleggiava sulle acque del caos
realizzi l’unità dalla nostra diversità.
Amen!
III GIORNO DENUNCIA II
“Non ho marito”
(Giovanni 4, 17) 2 Re 17, 24-34
La Samaria viene conquistata dall’Assiria
Salmo 139 [138], 1-12
Signore, tu mi scruti e mi conosci
Romani 7, 1-4
Voi siete morti nei confronti della legge di Mosè,
perché siete stati uniti a Cristo
Giovanni 4, 16-19
“Non ho marito”
Commento
La donna samaritana risponde a Gesù: “Non ho marito”. Il tema della conversazione ora è la vita matrimoniale della donna. Vi è uno slittamento circa il contenuto del loro dialogo – dall’acqua al marito: “Va’ a chiamare tuo marito e torna qui” (Gv 4, 16) ma Gesù sa che la donna ha avuto cinque mariti, e che l’uomo con cui sta ora non è suo marito.
In quale condizione si trova la donna? Avevano questi suoi mariti chiesto il divorzio? Era vedova? Aveva figli? Sono domande che sorgono spontaneamente quando si legge il testo. Tuttavia, sembra che Gesù sia interessato ad un’altra dimensione della condizione di questa donna; egli ne conosce la vita, ma rimane aperto nei suoi confronti, per incontrarla. Gesù non insiste sull’interpretazione morale della sua risposta, ma sembra volerla condurre oltre. E, come risultato, l’atteggiamento della donna nei confronti di Gesù cambia. A questo punto gli ostacoli delle differenze culturali e religiose rimangono sullo sfondo per dare spazio a qualcosa di molto più importante: un incontro nella fiducia. Il comportamento di Gesù in questa circostanza ci dischiude nuovi orizzonti e suscita nuove domande, domande che sfidano gli atteggiamenti che denigrano e marginalizzano le donne, domande circa le differenze che noi permettiamo permangano nella strada verso l’unità che cerchiamo e per cui preghiamo.
Domande per la riflessione personale
1. Quali sono le strutture di peccato che noi possiamo identificare nelle nostre comunità?
2. Qual è il posto e il ruolo delle donne nelle nostre chiese?
3. Che cosa possono fare le nostre chiese per opporsi alla violenza contro donne e bambine, e anzi, prevenirla?
Preghiera
Tu, che sei al di sopra di ogni cosa,
in quale altro modo è lecito celebrarti?
Come potrà un discorso lodarti?
Come potrà una mente percepirti?
Solo Tu sei ineffabile: tuttavia hai creato
tutto ciò che si può esprimere.
Solo Tu sei inconoscibile:
eppure hai creato
tutto ciò che può essere conosciuto.
Tutti gli esseri ti lodano a chiara voce,
sia quelli che parlano
e sia quelli che non parlano;
tutti gli esseri ti celebrano,
sia quelli che pensano
e sia quelli che non pensano.
Intorno a te, infatti,
sono comuni i desideri,
sono comuni le sofferenze di tutti.
Tutti gli esseri ti pregano;
a te ogni creatura che sa leggere i tuoi segni
innalza un silenzioso inno di lode.
Amen!
(Attribuito a Gregorio di Nazianzo).
IV GIORNO RINUNCIA
Intanto la donna aveva lasciato la brocca dell’acqua
(Giovanni 4, 28)
Genesi 11, 31 – 12, 4 Dio promette ad Abramo un popolo numeroso e lo benedice
Salmo 23 [22], 1-6 Il Signore è il mio pastore
Atti 10, 9-20 Non devi considerare impuro quel che Dio ha dichiarato puro
Giovanni 4, 25-28 Intanto la donna aveva lasciato la brocca dell’acqua
Commento
L’incontro fra Gesù e la donna samaritana mostra che il dialogo con chi è diverso, con chi è straniero, con chi non ci è familiare, può portare vita. Se la donna avesse seguito le regole della sua cultura, avrebbe dovuto andare via quando vide Gesù che si avvicinava al pozzo. Quel giorno, per qualche ragione, ella non seguì le regole prestabilite. Sia lei che Gesù ruppero i modelli di comportamento convenzionali, mostrandoci così, ancora una volta, che è possibile costruire nuove relazioni.
Mentre Gesù porta a compimento l’opera del Padre, la Samaritana, da parte sua, lascia la brocca dell’acqua, significando che poteva andare oltre nella sua vita, che non era confinata al ruolo impostole dalla società. Nel vangelo di Giovanni lei è una delle prime persone a proclamare che Gesù è il Messia. “Rompere gli schemi” è una necessità per coloro che desiderano crescere più forti e più saldi nella propria fede.
Il fatto che la Samaritana abbandoni la sua brocca per l’acqua significa che ha trovato un dono più grande, un bene maggiore dell’acqua per cui era giunta e un luogo migliore ove situarsi all’interno della sua comunità. Ella riconosce il dono più grande che questo straniero Giudeo, Gesù, le sta offrendo.
Difficile per noi considerare un valore, riconoscere come bene, o addirittura come santo qualcosa che è a noi sconosciuto e che appartiene ad un altro. Tuttavia, riconoscere i doni che appartengono ad altri come buoni e santi è un passo necessario verso l’unità visibile che perseguiamo.
Domande per la riflessione personale
1. Incontrare Gesù significa abbandonare la nostra “brocca d’acqua”: quali sono le nostre brocche d’acqua?
2. Quali sono gli ostacoli maggiori che ci impediscono di abbandonarle?
Preghiera
O Dio amorevole,
aiutaci ad imparare da Gesù e dalla Samaritana
che l’incontro con l’altro ci apre a nuovi orizzonti di grazia.
Aiutaci ad infrangere i nostri limiti e ad abbracciare nuove sfide.
Aiutaci ad andare oltre la paura nel seguire la chiamata del tuo Figlio,
nel nome di Cristo, ti preghiamo.
Amen!
V GIORNO ANNUNCIO
“Tu non hai un secchio e il pozzo è profondo”
(Giovanni 4, 11)
Genesi 46, 1-7 Dio dice a Giacobbe: “Non avere paura di andare in Egitto”
Salmo 133 [132], 1-4 Come è bello che i fratelli vivano insieme
Atti 2, 1-11 Il giorno della Pentecoste
Giovanni 4, 7-15 “Tu non hai un secchio e il pozzo è profondo”
Commento
Gesù aveva bisogno di aiuto. Dopo un lungo viaggio, la fatica si fa sentire. Esausto, nella calura del mezzogiorno, si sente affamato e assetato (cfr. Gv 4, 6). Inoltre, Gesù è un forestiero, è lui che si trova in territorio straniero e il pozzo appartiene al popolo della donna. Gesù è assetato e, come fa osservare la Samaritana, non ha un secchio per attingere l’acqua. Egli ha bisogno dell’acqua, ha bisogno dell’aiuto della donna: tutti abbiamo bisogno di aiuto!
Molti cristiani ritengono di essere gli unici a possedere tutte le risposte, e di non avere bisogno di aiuto da nessuno. Se manteniamo questa prospettiva, perdiamo molto. Nessuno di noi può raggiungere le profondità del pozzo del divino, e nondimeno la fede ci chiede di scavare più profondamente nel mistero. Non possiamo farlo isolatamente. Abbiamo bisogno dell’aiuto dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in Cristo. Soltanto così potremo raggiungere la profondità del mistero di Dio.
Un elemento comune nella nostra fede – a prescindere da quale sia la chiesa cui apparteniamo – è la consapevolezza che Dio è un mistero oltre la nostra comprensione. La ricerca dell’unità dei cristiani ci porta a riconoscere che nessuna comunità possiede tutti i mezzi per raggiungere le profondità delle acque del divino. Abbiamo bisogno di acqua, abbiamo bisogno di aiuto. Tutti abbiamo bisogno di aiuto! Più cresciamo nell’unità, condividiamo i nostri secchi e uniamo i pezzi delle nostre corde, più profondamente esploriamo nel pozzo del divino.
La tradizione indigena brasiliana ci insegna ad imparare dalla saggezza degli anziani, e, allo stesso tempo, dalla curiosità e dall’innocenza dei bambini. Quando siamo pronti ad accettare che abbiamo bisogno gli uni degli altri, diveniamo come bambini, disposti ad imparare. Ed è questo il modo in cui il Regno di Dio si apre a noi (cfr. Mt 18, 3). Dobbiamo fare come fece Gesù. Dobbiamo prendere l’iniziativa di entrare in una terra straniera, dove diveniamo forestieri, e coltivare il desiderio di imparare da ciò che è diverso.
Domande per la riflessione personale
1. Ricordi qualche situazione in cui la tua chiesa ha aiutato un’altra chiesa, o è stata aiutata da un’altra chiesa?
2. Ci sono riserve da parte della tua chiesa ad accettare aiuto da altre chiese? Si potrebbero superare queste riserve?
Preghiera
O Dio, sorgente di acqua viva,
aiutaci a comprendere che più uniamo i pezzi delle nostre corde,
più profondamente i nostri secchi raggiungono le tua acque divine!
Risvegliaci alla verità che i doni degli altri
sono espressioni del tuo mistero ineffabile.
Concedici di sederci al pozzo insieme,
per bere della tua acqua
che ci raduna nell’unità e nella pace.
Te lo chiediamo nel nome del tuo Figlio, Gesù Cristo,
che chiese alla Samaritana di dargli dell’acqua.
Amen!
VI GIORNO TESTIMONIANZA
Gesù disse: “[…] l’acqua che io gli darò,
diventerà in lui una sorgente che dà la vita eterna”
(Giovanni 4, 14)
Esodo 2, 15-22 Mosé al pozzo di Madian
Salmo 91 [90], 1-16 Il canto di coloro che trovano rifugio nel Signore
1 Giovanni 4, 16-21 […] l’amore perfetto caccia via la paura
Giovanni 4, 11-15 “[…] una sorgente che dà la vita eterna”.
Commento
Il dialogo iniziato con Gesù che chiede dell’acqua diventa un dialogo in cui Gesù promette l’acqua. Più avanti, in questo stesso vangelo, Gesù chiederà ancora da bere: “Ho sete”, Egli dirà dalla croce, e dalla croce Egli diviene la sorgente d’acqua promessa che sgorga dal suo costato trafitto. Noi riceviamo quest’acqua, questa vita da Gesù, nel battesimo, e diviene un’acqua, una vita che sgorga dentro di noi per essere data e condivisa con gli altri.
Ecco la testimonianza di una donna brasiliana che ha bevuto da quest’acqua e nella quale quest’acqua diviene una sorgente:
Sorella Romi, un’infermiera di Campo Grande, era pastora nella tradizione pentecostale. Una domenica sera, nel quartiere in cui viveva Romi, tutta sola nella sua baracca, una ragazza indigena di sedici anni aveva dato alla luce un bimbo. Fu trovata stesa sul pavimento che perdeva sangue. Sorella Romi la portò all’ospedale. Furono fatte delle ricerche – dov’era la famiglia di Semei? La trovarono, ma i familiari non vollero curarsene. Semei e il suo bambino non avevano una casa dove andare. Sorella Romi li prese nella sua modesta casa. Lei non conosceva Semei, e i pregiudizi contro gli indigeni sono molto radicati a Campo Grande. Semei continuava ad avere problemi di salute, ma la grande generosità di Sorella Romi ispirò altra generosità da parte dei vicini. Un’altra neo-mamma, una cattolica chiamata Veronica, allattò il bambino di Semei, poiché lei non era in grado di farlo. Semei chiamò il suo bambino Luca Natanaele e, nel tempo, essi furono in grado di lasciare la città e andare in una fattoria, ma lei non dimenticò la gentilezza di Sorella Romi e dei suoi vicini.
L’acqua che Gesù dà, l’acqua che Sorella Romi ha ricevuto nel battesimo, è divenuta in lei una sorgente d’acqua e un’offerta di vita verso Semei e il suo bambino. Questa stessa acqua battesimale, risvegliata dalla sua testimonianza, divenne una sorgente, una fontana, nella vita dei vicini di Romi. L’acqua del battesimo sgorgante dalla vita diventa una testimonianza ecumenica di amore cristiano in atto, un’anticipazione della vita eterna che Gesù ci promette.
Per crescere nella comunione abbiamo bisogno di gesti concreti come questi, realizzati da gente comune, gente che dà testimonianza al vangelo e dà importanza alle relazioni ecumeniche.
Domande per la riflessione personale
1. Come interpreti le parole di Gesù che, attraverso di lui, possiamo diventare sorgente d’acqua viva che dà la vita eterna?
2. Dove vedi cristiani che sono sorgente d’acqua viva per te e per gli altri?
3. Quali sono le situazioni, nella vita pubblica, in cui le chiese potrebbero parlare con un’unica voce per portare fiumi d’acqua viva?
Preghiera
O Dio Trino,
seguendo l’esempio di Gesù,
rendici testimoni del tuo amore.
Concedici di diventare strumenti di giustizia, pace e solidarietà:
fa’ che il tuo Spirito ci muova a gesti concreti che conducano all’unità.
Fa’ che i muri possano trasformarsi in ponti.
Per questo ti preghiamo, nel nome di Gesù Cristo, nell’unità dello Spirito Santo.
Amen!
VII GIORNO TESTIMONIANZA
Gesù le dice: “Dammi un po’ d’acqua da bere”
(Giovanni 4, 7-15)
Numeri 20, 1-11 Gli Israeliti a Meriba
Salmo 119 [118], 10-20 […] non dimenticherò le tue parole
Romani 15, 2-7 Dio [...] vi dia la capacità di vivere d’accordo tra voi
Giovanni 4, 7-15
“Dammi un po’ d’acqua da bere”
Commento
I cristiani dovrebbero avere fiducia che le esperienze di incontro e di scambio con l’altro, anche se di diversa tradizione religiosa, possono cambiarci e aiutarci a raggiungere la profondità del pozzo. Relazionarsi con coloro che ci sono stranieri, con il desiderio di bere dal loro pozzo, ci apre alle “meraviglie di Dio” che proclamiamo.
In un luogo selvaggio, il popolo di Dio si trovava senza acqua e Dio inviò Mosè e Aronne a far sgorgare l’acqua dalla roccia. Allo stesso modo, Dio risponde alle nostre necessità mediante gli altri. Nel momento in cui invochiamo il Signore nelle nostre necessità, come la Samaritana che chiede a Gesù “Signore, dammela quest’acqua!”, forse il Signore ha già risposto alle nostre preghiere, affidando nelle mani dei nostri vicini ciò che abbiamo chiesto. E così anche noi dobbiamo rivolgerci a loro e chiedere “Dammi un po’ d’acqua da bere”.
A volte la risposta ai nostri bisogni è già nella vita e nella buona volontà della gente attorno a noi. Dalla popolazione Guaraní del Brasile, abbiamo imparato che, nella loro lingua, non esiste una parola equivalente al termine “religione” inteso separatamente dal resto della vita. L’espressione utilizzata normalmente, alla lettera significa “il nostro buon modo di vivere” (“ñande reko katu”), espressione che si riferisce a tutto l’insieme culturale, che include anche la religione. La religione, dunque, è parte del sistema culturale Guaraní, così come del loro modo di pensare e di essere (teko). È correlato a tutto ciò che incoraggia e sviluppa la comunità e che conduce al “buon modo di essere” (teko katu). La popolazione Guaraní ci ricorda che il cristianesimo al principio fu chiamato “la via” (At 9, 2). “La via”, o il “nostro buon modo di essere” è la via attraverso cui Dio porta armonia in tutte le dimensioni della nostra vita.
Domande per la riflessione personale
1. In quale modo la tua comprensione dell’esperienza di Dio è stata arricchita dall’incontro con altri cristiani?
2. Che cosa possono imparare le comunità cristiane dalla saggezza indigena e dalle altre tradizioni religiose nella tua regione?
Preghiera
O Dio della vita, che ti prendi cura di tutta la creazione
e ci chiami alla giustizia e alla pace,
fa’ che la nostra sicurezza non venga dalle armi, ma dal rispetto,
la nostra forza non dalla violenza, ma dall’amore,
la nostra ricchezza non dal denaro, ma dalla condivisione,
il nostro cammino non sia di ambizione, ma di giustizia,
la nostra vittoria non venga dalla vendetta, ma dal perdono,
la nostra unità non dalla sete di potere, ma dalla testimonianza vulnerabile
di compiere la tua volontà.
Fa’ che possiamo, aperti e fiduciosi, difendere la dignità di tutta la creazione,
condividendo, oggi e sempre, il pane della solidarietà, della giustizia e della pace.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo Figlio Santo, nostro fratello,
che, vittima della nostra violenza, anche inchiodato alla croce,
ha donato a tutti noi il perdono.
Amen!
(Testo adattato da una preghiera di un incontro ecumenico in Brasile per far cessare la povertà come primo passo per una pace nella giustizia).
VIII GIORNO TESTIMONIANZA
Molti credettero in Gesù per la testimonianza della donna
(Giovanni 4, 39-40)
Esodo 3, 13-15 Mosè al roveto ardente
Salmo 30 [29], 1-13 Il Signore ci riporta alla vita
Romani 10, 14-17 “Che gioia quando arrivano quelli che portano buone notizie!”
Giovanni 4, 27-30.39-40 Molti credettero in Gesù per la testimonianza della donna
Commento
Trasformata nel cuore, la donna samaritana va in missione. Annuncia al suo popolo che ha trovato il Messia. Molti credettero in Gesù a motivo della testimonianza della donna (cfr. Gv 4, 39). La forza della sua testimonianza nasce dalla trasformazione della sua vita determinata dall’incontro con Gesù. Grazie al suo atteggiamento di apertura, ella ha potuto riconoscere in quello straniero “una sorgente che dà la vita eterna” (Gv 4, 14).
La missione è un elemento chiave della fede cristiana. Ogni cristiano è chiamato ad annunciare il nome del Signore. Papa Francesco ha detto ai missionari: “Ovunque andiate, vi farà bene pensare che lo Spirito di Dio ci precede sempre, è lì prima di noi”. La missione non è proselitismo. Coloro che annunciano Gesù sinceramente, avvicinano l’altro in un dialogo di amore, aperto all’apprendimento reciproco e al rispetto delle differenze. La nostra missione richiede di imparare a bere dall’acqua viva senza possedere il pozzo. Noi non possediamo il pozzo, ma piuttosto, attingiamo da esso la vita, dal pozzo dell’acqua viva che è data da Cristo.
La nostra missione deve essere un’opera sia di parole che di testimonianza. Sforziamoci di vivere ciò che proclamiamo. L’anziano Arcivescovo brasiliano Helder Camara una volta disse che molti sono diventati atei perché sono stati delusi da persone di fede che non vivevano ciò che predicavano. La testimonianza della donna samaritana portò la sua comunità a credere in Gesù perché i suoi fratelli e le sue sorelle videro la coerenza fra le sue parole e la sua trasformazione.
Se le nostre parole e la nostra testimonianza sono autentiche, il mondo ascolterà e crederà: “E come potranno credere in lui, se non ne hanno sentito parlare?” (Rm 10, 15).
Domande per la riflessione personale
1. Quale relazione c’è fra unità e missione?
2. Conosci persone, nella tua comunità, la cui storia di vita è una testimonianza di unità?
Preghiera
O Dio, sorgente d’acqua viva,
rendici testimoni dell’unità sia con le nostre parole che con la nostra vita.
Aiutaci a comprendere che non siamo noi i padroni del pozzo,
e donaci la saggezza di accogliere la stessa grazia gli uni negli altri.
Trasforma i nostri cuori e le nostre vite
affinché possiamo essere autentici portatori dell’evangelo.
Conducici sempre all’incontro con l’altro, come all’incontro con te.
Te lo chiediamo nel nome del tuo Figlio Gesù Cristo, nell’unità dello Spirito Santo.
Amen!