Catechesi Quaresimale di Mons. Mario Ledda: lunedì 10 marzo

LA PREGHIERA COMUNE E CONDIVISA

Radunati nella Chiesa e come Chiesa,

siamo chiamati a una preghiera non individuale

con gesti comuni e condivisi.

 

DA PRINCIPI E NORME:

24. Scopo di questi riti (d’ingresso) è che i fedeli,

* riuniti insieme,

* formino una comunità,

* e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio

* ed a celebrare degnamente l’Eucaristia.

 

25. La funzione propria di questo canto (introito) è quella di

* dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti,

* introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività,

* e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.

 

26. Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Se all’introito non ha luogo il canto, l’antifona proposta dal Messale Romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o anche dallo stesso sacerdote dopo il saluto.

 

Rito della Dedicazione:

L’apertura del Rito di Dedicazione prevede un radunarsi e un camminare. Il popolo si raduna, guidato dai suoi pastori, e si incammina verso il luogo dell’incontro con Dio. Quindi: radunarsi, camminare, incontrare. Si aggiunge la congregazione “globale”: Litanie dei Santi e Reliquie nell’altare.

Chiesa = Eclèsia = Ecclesìa =en-kalèo

Quindi:

Fare comunità o essere comunità?

Nella celebrazione questa realtà si esprime e si crea con una preghiera non individuale con gesti comuni e condivisi.

 

Da qui due questioni:

* c’è la comunità?!

* sacramentalità = segno e contemporaneamente strumento.

 

DA PRINCIPI E NORME:

12. La natura delle parti presidenziali esige che esse siano proferite a voce alta e chiara e che siano ascoltate da tutti con attenzione. Perciò mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o canti, e l’organo e altri strumenti musicali devono tacere.

 

14. Poiché la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere comunitario, grande rilievo assumono i dialoghi tra il celebrante e l’assemblea dei fedeli, e le acclamazioni. Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono ed effettuano la comunione tra il sacerdote e il popolo.

 

15. Le acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni, costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono porre in atto in ogni forma di Messa per esprimere e ravvivare l’azione di tutta la comunità.

 

16. Altre parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all’intera assemblea: sono soprattutto l’atto penitenziale, la professione di fede, la preghiera universale (detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del Signore (cioè il Padre nostro).

 

20. L’atteggiamento comune del corpo, che tutti i partecipanti al rito sono invitati a prendere, è il segno della comunità e dell’unità dell’assemblea: esso esprime e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo dei partecipanti.

 

21. Per ottenere l’uniformità nei gesti e negli atteggiamenti, i fedeli seguano le indicazioni che vengono date dal diacono, o dal sacerdote, o da un altro ministro, durante la celebrazione.

 

Inoltre in tutte le Messe, salvo indicazioni in contrario, i fedeli stiano in piedi

  • dall’inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla conclusione dell’orazione di inizio (o colletta),
  • durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo
  • durante la proclamazione del Vangelo
  • durante la professione di fede e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli)
  • dall’orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito.

 

Stanno invece seduti

  • durante la proclamazione delle letture
  • durante il salmo responsoriale
  • all’omelia
  • durante la preparazione dei doni all’offertorio
  • se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio dopo la comunione.

 

S’inginocchiano poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano o la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri motivi ragionevoli.

 

SENSO TEOLOGICO DELLA CELEBRAZIONE LITURGICA

La CelLit è spesso valutata con criteri estrinseci: una tradizione da rispettare, garantita da un complesso di norme giuridiche da osservare; il tutto per la validità del rito.

 

tradizione da rispettare                                                   per la “validità” del rito.

regole giuridiche da osservare                                            

 

La Liturgia è:

* in questa prospettiva manca l’aspetto vivo della Liturgia:

* se è tradizione è oggetto di studio storico e inerte conservazione da museo,

* se è norma giuridica è oggetto di studi legislativi e di esecuzione meccanica;

* si può essere edificati dalla solennità del rito ed essere impegnati nella esecuzione delle rubriche, ma nessuna delle due prospettive impegna necessariamente la vita.

 

La Liturgia è tradizione, ma con la “T” maiuscola: trasmissione di un deposito per mandato del primo Trasmettitore (“Fate questo in memoria di me”) che rende presente e operante il deposito stesso (=il Mistero di Cristo, cioè il Mistero della Salvezza). Le diverse tradizioni con la “t” minuscola sono canali contingenti attraverso cui il deposito si incarna nella cultura umana.

 

La Liturgia ha regole: su cosa fondate? Il fondamento è la presenza di Cristo che agisce nel rito e tramite il rito. Il resto è cultura, necessaria ma contingente.

 

La “validità” del rito dunque verte sulla preoccupazione di mettere in contatto uomo e Uomo Nuovo, storia dell’uomo e Storia della Salvezza. L’uomo diventa membro del Corpo; la sua storia diventa Historia Salutis.

 

Una CELEBRAZIONE, a prima vista, è un insieme di GESTI e PAROLE. Ma:

* a chi/cosa si riferisce questo insieme? Chi/cosa mi segnala?

* chi/cosa vuol rendere presente? E che tipo di presenza?

* infine: cui prodest?

 

[Spiegazione di “Mistero di Cristo” e “i Misteri di Cristo”]

 “Che cosa” si celebra? Il MISTERO DI CRISTO nella sua accezione più completa:

 

* il Mistero è presente nella celebrazione

* questa lo realizza nel tempo, cioè lo attualizza,

* lo rende presente e operante per noi che celebriamo qui adesso.

 

 

Ma la persona/la Comunità che celebra non può/non deve restare estranea a questo Ministero presente nella Celebrazione (sarebbe magia): con la fede e la carità lascia coinvolgere la propria VITA in questo Mistero.

 

Rito della Dedicazione

Colletta – Dio onnipotente ed eterno, effondi la tua grazia su questa dimora a te dedicata e vieni in aiuto a quanti invocano il tuo nome, perché con la luce della tua Parola e la forza dei tuoi Sacramenti la comunità cristiana sia confermata nella fede e nell’amore.

Vedete gli strumenti: Luce della Parola + Forza dei Sacramenti

Vedete i destinatari: la Comunità, non il singolo

Vedete i fini: Fede e Amore, non organizzazione o fama.

 

La CelLit quindi non trova la sua ragion d’essere nel proprio svolgimento rituale. Essa

  • è per la vita,
  • è per “informare” la vita dell’uomo con il Mistero di Cristo [vedi il concetto di morfè-FORMA in Paolo: es.: Rom 12, 1ss],
  • per dare alla vita dell’uomo la stessa forma della vita dell’Uomo Nuovo,
  • per mettere in contatto il Mistero di Cristo con la mia storia.

 

La Celebrazione rende presente e operante il Mistero di Cristo nella mia Vita:

Il M si realizza nella C per la V

La V culmina nella C che attualizza il M

La V entra nella C affinché si attualizzi il M

La C attualizza il M per il M sia evento di salvezza per la V.

 

È necessario che tutta la Vita entri nella Celebrazione affinché il Mistero possa diventare evento non chiuso nel passato ma evento attuale di salvezza nella Celebrazione per la Vita:

L’azione divina (che agisce nei segni sacramentali) opera un progressivo contatto della Vita con il Mistero di Cristo che rende gli uomini figli nel Figlio;

Gli uomini-figli per la loro stessa esistenza nel piano soprannaturale rendono in se stessi (Rom 12,1) culto a Dio, sono atto di culto.

Il nesso tra santificazione dell’uomo e culto a Dio è radicale: non esiste celebrazione che dia culto a Dio se non opera contestualmente l’incontro santificante dell’uomo con il Mistero di Cristo. E viceversa.

Il resto è coerenza di ciò che si fa con ciò che si è.

 

 

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